Songs you need to think about
Una riflessione sociale
Tra i dibattiti più contemporanei sempre più spesso ci si interroga sull’uso delle parole e la terminologia corretti ed accettati nel descrivere i mille volti della nostra società, che come tale è ricca di sfumature, realtà, culture e stili di vita. Ma la società, nell’evolversi al suo interno pur mantenendo la stessa forma, è anche un risultato di scelte, di decisioni, siano esse di un singolo o di una collettività che desidera accogliere le emancipazioni e i diritti nel presente.
Per approfondire il tema e osservarlo anche nella comunità swing, possiamo partire da una lista: si intitola “Songs You need To Think About”, e comprende oggi moltissimi brani di grande valore storico-musicale che spaziano da pezzi meno diffusi come “That’s Why Darkies Were Born”, o “Chong (He Come From Hong Kong)”, ad altri decisamente più spesso ascoltati (“I Wanna Be Like You” di Louis Prima, “Stranger Fruits” di Billie Holiday, e molti altri), inseriti con tanto di referenze e motivazioni dell’aggiunta di ogni singola canzone. Dai brani che non andrebbero mai utilizzati a quelli sui quali si invita a discuterne, il giornalista e ballerino inglese David Doyle ha voluto riflettere in maniera più intima anche grazie al confronto con artisti e personalità sensibili all’argomento, pubblicando le sue considerazioni su “The Syncopated Times”.
“SONGS YOU NEED TO THINK ABOUT”. La lista nasce da una pubblicazione di Nalla Kim , insegnante e ballerino originario della Corea del Sud, come conseguenza di un insieme di riflessioni che si sono moltiplicate negli anni attraverso la sua diretta esperienza nel mondo dello swing a livello globale; come lui stesso ha dichiarato “nonostante io insegni danze afro-americane da una decade, ancora non ne conosco la storia alla perfezione. Ho notato che molti ballerini americani tentano di spiegarla spesso, ma devono farlo continuamente per i principianti. Inoltre, comprendere i testi dei brani swing per chi non è madrelingua inglese è molto complicato, così ne ho inavvertitamente utilizzato alcuni che recano offesa, e le persone me lo hanno fatto notare”.
Nalla Kim |
Gli errori commessi più volte in queste occasioni, hanno spinto Nalla a pubblicare l’elenco dei testi giudicati offensivi perché possano costituire il principio di un importante ragionamento giudicato da molti oggi come attuale e necessario. Certo, con equilibrio, ma come l’autore ha affermato “dobbiamo concepire lo swing non solo come arte, ma anche come cultura e storia di una persona. Abbiamo tutti bisogno di aprire la nostra mentalità ed essere gentili, quello è il primo passo”.
Nalla Kim accetta coscientemente qualsiasi critica all’elenco, al quale contribuisce chiunque lo desideri; si allontana da qualsiasi esortazione ad utilizzarlo come una legge, ma spera che diventi un utile orientamento per band e dj, e che almeno i testi più esplicitamente offensivi siano oggetto di rivalutazione a più largo consenso.
IL CONTESTO E IL DIALOGO. David Doyle ha scelto di intervistare anche Odysseus Bailer, artista, dj, insegnante di danza e attivista inserito nel mondo del jazz e del blues. Odysseus, in particolare, sottolinea il suo totale sostegno alla lista di Nalla Kim: “La decisione è semplice: se un brano contiene espliciti termini offensivi nei confronti di persone di colore, o asiatiche, allora non va utilizzato”. In casi meno conclamati invece, secondo Odysseus la chiave è il contesto: “Sono molto a disagio nel vedere persone che ballano divertendosi su brani intensi e profondi che trattano di temi sociali e di storia che gli afro-americani hanno attraversato ogni giorno. Se fossi il dj in quel caso, li suonerei per un pubblico afro-americano, non da un’altra parte”.
Odysseus Bailer |
Odysseus, inoltre, spiega il suo personale punto di vista riguardo la diffusione della cultura storico-sociale del jazz e del blues, affermando che nella sua esperienza ha incontrato forse troppi istruttori e organizzatori che non possiedono piena conoscenza dell’argomento, e lo affrontano in maniera “eurocentrica”; questo, a suo dire, formerebbe ballerini con lo stampino, svalutando l’espressione individuale. A chi contesta che la politica non dovrebbe rientrare in questi ambienti, vorrebbe rispondere “Non hai idea invece di quanta politica sia invischiata in tutto questo”.
Tuttavia, molti testi celano dei significati dietro le loro parole che non sono direttamente comprensibili, a meno che gli ascoltatori non siano direttamente coinvolti nella storia che vi si racconta. Lo stesso Doyle ne fa un esempio citando uno dei suoi brani preferiti aggiunto alla lista di Nalla Kim, “Saturday Night Fish Fry”, di Louis Jordan: nel brano si racconta dell’incursione della polizia ad una festa, non esplicitando chi siano le vittime del raid, eppure, molti concordano sul dare per scontato che si tratti di abuso nei confronti di persone afro-americane. Allora cosa fare in caso di dubbio? Il consiglio di Odysseus è tanto semplice quanto umano: “Chiedete ai ballerini afro-americani, parlatene con loro, esponete la vostra prospettiva attraverso una conversazione rispettosa, e guardate più documentari sulla vita della nostra gente, e su come musica e danza abbiano avuto un ruolo”.
LA LISTA COME UNA RISORSA. Il trombettista asio-americano Gordon Au, ha aggiunto alla lista di Nalla Kim alcuni brani che contenenti stereotipi intolleranti, come “Nagasaki”. Gondon Au ammette di suonarla regolarmente con la sua band, ma con un testo rivisitato, e sostiene comunque che i pezzi originali, nonostante tutto, fanno parte di un patrimonio musicale da non dimenticare; per questo, il musicista sostiene che in quest’ottica esiste un’opportunità di apprendimento, perché “c'è una differenza tra ricordare qualcosa e onorarlo. Non suonare queste canzoni non è la stessa cosa che negare la loro esistenza”. Come lo stesso artista ha dichiarato, “Songs You Need To Think About” sarebbe da vedersi dunque più come una risorsa che come un boicottaggio, dalla quale attingere per orientarsi verso il rispetto dei diritti della comunità. Ciò che cambia, allora, è principalmente il punto di vista, che trasformerebbe l’opera di espulsione in opera di selezione più consapevole.
IL DIBATTITO. Su internet si confrontano diversi artisti e dj che percepiscono il sentire della collettività direttamente sulla pista da ballo. La domanda è: i ballerini sono davvero interessati ai testi dei brani che vengono suonati?
Le prospettive sono diverse, ma riflettono anche punti di vista comuni. Primo tra tutti è che pare non ci sia, da parte dei ballerini, un reale ascolto delle parole: piuttosto si nota un disinteresse generale totalmente opposto alla volontà di ballare su un certo brano, qualunque siano le parole sottintese o esplicitate in esso. Alcuni hanno affermato che, dopo anni di preoccupazioni nella selezione dei pezzi, molti ballerini hanno ripetutamente spiegato loro che nessuno ascolta le parole della scelta musicale, spingendoli a farsene una ragione. Altri sostengono che la semplice operazione da fare sia conoscere l’audience presente a una serata: “Ho spesso utilizzato brani che raccontano di abusi sessuali o razzismo, nessuno ci ha fatto attenzione, nessuno se ne è preoccupato, né mai lamentato. Di sicuro però non li suonerò se in sala dovessero esserci dei bambini”.
Proprio a proposito di abusi e violenze sessuali, è possibile notare, al momento, una singolare tendenza della lista a non riportare brani che, con sottintesi o meno, contengono questa tematica altrettanto delicata e di fondamentale attualità; lo stesso avviene per i testi che raccontano la condizione della donna e le profonde differenze di genere, spesso “normalizzate” nel raccontarle, e divenute oggetto di battaglie per i diritti e le emancipazioni femminili che hanno fatto la storia. Si tratta di una lacuna intima della lista? Qualsiasi sia l’interpretazione, ciò che è possibile notare è che l’avvicinarsi a questi temi, dando loro un significato più o meno inclusivo, resta un’operazione che manifesterà sempre un punto di vista soggettivo.
Quanto più è plurale una collettività, tanto più emergono, nel raggruppare assieme queste argomentazioni, modi e interessi differenti rispetto al dibattito che si sta affrontando. Se, da una parte, questo fenomeno evidenzia delle divergenze, dall’altra sono proprio tali diversità che, spogliate di certezze assolute, permettono alle comunità di espandersi in conoscenza e ragionare in senso costruttivo. Un approccio critico che tiene conto dell’umano e del suo tempo forse non darà mai risposte definitive, ma permetterà sempre di aprire la mente a riflessioni che, nella società del presente, restano tra i veri poteri utili alla conoscenza ed espressione di sé stessi.
Samanta (Fosca)
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